MODELLO BUNDESLIGA: UN ESEMPIO DA SEGUIRE

Il calcio, si sa, è uno sport relativamente semplice: un pallone, undici giocatori per squadra e poche regole. Eppure la gestione di questo sport da paese a paese significa tanto, tantissimo, è un vero e proprio segno distintivo della nazione stessa: possiamo dire che un paese che gestisce accuratamente le competizioni sportive non mancherà di avere altre qualità nei confronti dei propri cittadini. In tal senso qui in Italia abbiamo molto da imparare: il modello di riferimento è sicuramente quello tedesco, che per il suo successo ha numerose cause…

Iniziamo ad elencarne qualcuna? Per cominciare, la Bundesliga è una perfetta “miscela” di programmazione, pochi debiti e stadi pieni: la distribuzione degli incassi è ben equilibrata; i diritti televisivi contribuiscono per il 26,4 per cento, la pubblicità per il 26,5 e i biglietti (insieme ad altri introiti ad essi collegati) per il 21,18. Per intenderci, in Serie A i diritti Tv pesano per il 61% circa del fatturato bloccando quindi la possibilità (e la volontà) di sviluppo delle altre fonti di ricavo. La stabilità di questa equidistribuzione è dovuta a particolari discipline di bilancio del calcio teutonico risalenti agli anni ’60. Ai club era richiesta una previsione del bilancio comprensiva delle aspettative di ricavo, onde evitare ogni tipo di deficit.

La gestione dei tifosi è completamente diversa. L’intero giro di denaro è un fattore economico enorme. Da questo punto di vista la Germania è al primo posto, nessun altro campionato ha tanti spettatori quanti la Bundesliga. In Inghilterra la media è di 34.601 (-672 rispetto all’anno scorso), in Francia, Italia e Spagna scende tra i 20.000 e i 28.000 spettatori (con cali dai 301 della Spagna ai 1.643 dell’Italia), al contrario, nella Bundesliga siamo a 44.293 (+2.192) spettatori a partita! In Germania i tifosi sono visti come il cuore del calcio, ancor prima che come dei clienti. In Italia, invece, seguendo il modello inglese thatcheriano (che guarda ad un evoluzione al sistema teutonico!) in nome della “sicurezza”, sono visti come clienti da schedare (tessera del tifoso) e spremere. Capita quindi di assistere a un ottavo di finale di Champions League, come il recentissimo Borussia Dortmund-Juventus, per poco più di 50 euro compresi di cena a buffet (prima, durante e dopo il match). Utopia? Da noi sicuramente, al Signal Iduna Park e simili, pura normalità. In Germania gli stadi sono sempre pieni perché sono impianti moderni e i prezzi dei biglietti sono accessibili: guardando una partita tedesca spicca la fantastica cornice di pubblico che spesso manca in diverse gare di Serie A. All’Allianz Arena, campo del Bayern Monaco, il biglietto Vip costa 70 euro e quelli standard si acquistano a molto meno, ma sono esauriti in poche ore. A San Siro quando gioca l’Inter e allo Juventus Stadium, invece, per assistere ad una partita con biglietto Vip il costo è quattro volte più alto. Così, mentre l’italiano sta in poltrona pagando una pay-tv con cifre esorbitanti, il tedesco va allo stadio, alimentando un piccolo mondo economico, pur potendo vedersi tutte le partite della Bundesliga dal televisore in legalità.

STADIO
BIGLIETTO VIP (€) BIGLIETTO MINIMO (€)
Signal Iduna Park 53,50 14
Allianz Arena 70 21
Bay Arena 68 6
Wolskwagen Arena 44 11
San Siro 155-180 23-28
Juventus Stadium 300  30

Se in Inghilterra, i club versano in condizioni economiche critiche, in Germania, per statuto, i club, 50+1 appartengono ai tifosi, che hanno potere decisionale su tutto quello che riguarda il club, compreso, tanto per capirsi, anche la scelta dell’allenatore. Quindi abbiamo un modello, quello inglese (adottato anche nel nostro paese), che si basa sull’esclusione dei tifosi (l’introduzione di bandiere è severamente vietata!), e uno, quello tedesco, che vive sui propri tifosi. E gli stadi? Ecco un mito da sfatare: in Germania un solo stadio è di proprietà del club, quello del Bayern Monaco. La svolta è certamente risalente al Mondiale 2006, quando la Germania è riuscita con i ricavati a discostarsi definitivamente dal calcio europeo e a ravvivare i suoi stadi riabilitando quelli caduti in disuso. In Italia, sebbene adesso ci si spertichi a far approvare leggi e far iniziare nuove costruzioni di stadi a seguito dei mondiali del ’90 ciò non avvenne (possiamo solo immaginare di chi sia il merito dell’inedia perenne che sovrasta il nostro paese da questo punto di vista). 

Infine, punto saliente del modello tedesco è un vivaio continuamente rinnovato, lo stanziamento e l’investimento di fondi per la ricerca e lo sviluppo di giovani talenti under-16, caratteristiche queste, ampiamente sottostimate nel panorama europeo. Altro slogan ricorrente è «La Bundesliga non va mica a comprare stranieri inutili». Ecco, la Germania, nel 2013, è il 4° paese al mondo come flusso di trasferimenti internazionali in entrata (345), davanti all’Italia (sesta con 304) e anche alla Spagna (nona con 264). Insomma, sarebbe bene iniziare a prendere una vera ispirazione da questo modello di calcio, archiviando il passato e facendo del nostro paese, con quella sana punta di nazionalismo, un paese che il calcio lo veda come parte della società e non branca commerciale in declino. 

di Lorenzo Davico


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